L’Associazione La Chascona continua per il terzo anno consecutivo la collaborazione con Teatro Garage di Genova per la realizzazione di GET – Giovani Eccellenze Teatrali, la rassegna di Drammaturgia Contemporanea Nazionale all’interno della stagione 2023-2024. Lo scopo dell’iniziativa è promuovere la drammaturgia di giovani professionisti della scena Nazionale.
La collaborazione con il Teatro Garage si colloca nella direzione della produzione, promozione e ospitalità di giovani compagnie, quale tratto distintivo della quarantennale attività teatrale del TG.
Le compagnie e gli spettacoli individuati da La Chascona hanno vista riconosciuta la scrittura drammaturgica e la realizzazione di rappresentazione in diversi festival e rassegne nazionali, non ultima la Rassegna INTRANSITO del Comune di Genova.
La programmazione degli spettacoli, inserita all’interno della stagione del Teatro Garage, avverrà da ottobre 2021 ad aprile 2022.
Gli spettacoli, tutti di drammaturgia contemporanea di giovani artisti professionisti operanti sul territorio nazionale, sono indicati all’interno della stagione del Teatro Garage – Sala Diana Genova, come GET – Giovani Eccellenze Teatrali.
Sabato 14 ottobre 2023 ore 21
Di CAROLINE BAGLIONI MICHELANGELO BELLANI
Con Caroline Baglioni
Luce Gianni Straropoli
Suono Valerio Di Loreto
supervisione tecnica Luca Giovagnoli
collaborazione artistica Marianna Masciolini
regia Michelangelo Bellani
residenze artistiche
STRALIGUT TEATRO – RE.TE OSPITALE COMPAGNIA PETRA – TERNI FESTIVAL – TEATRO DELLE ARIETTE
Una giovane donna e una storia da incidere. Incidere nella memoria o ri-creare nell’immaginazione.
Davanti agli occhi un quadro e suo padre, un uomo di sessant’anni che vive in un camper. In mezzo
sette anni di distanza. E un’epoca del rancore.
Una storia da decodificare, da ricomporre con gli alberi in lontananza. Una storia sotterranea da
portare alla luce. É la voce della giovane donna, a comporre il dialogo, a prefigurare, il ricordo di
un vissuto o soltanto l’illusione che un giorno tutto possa accadere davvero.
Luoghi comuni non comunicati. O luoghi comuni inebriati dalla mancanza di senso comune.
Immagini del ricordo, immagini-frattali della coscienza, del desiderio sottratte a una realtà che
finisce e non comincia.
Solo alla fine si esce allo scoperto, all’aperto di un bosco sacro che non è un bosco, ma un parco
di periferia e di sacro ha forse solo l’abbandono.
Il paradosso di quest’epoca sembra essere tutto qui.
Ed ecco, forse, nascere per la prima volta. Senza parole. Perdonare. Perdonarsi.
«Papà».
Al tramonto. In occidente.
Note di regia
Non è ancora nato è una storia contemporanea. Verosimile anche se forse non del tutto
realisticamente risolta.
Non del tutto, nella misura in cui, in teatro, l’immaginazione può barattare l’attinenza, la vero somiglianza, con l’autenticità di una situazione o di un gesto.
Una storia inventata a tutti gli effetti. Ciò non di meno qualcuno, con la cura dello sguardo,
potrebbe percepire in filigrana un’eco distorta e lontana proveniente dal vecchio Edipo a Colono
sofocleo: l’eroe dalla cattiva sorte, il «supplice che porta salvezza» scacciato e maledetto che vaga
cieco e ramingo accompagnato dalla figlia Antigone.
Probabilmente, però, è anche una storia che riflette sul perdono.
Perdonare significa in definitiva perdonare qualcun altro, ma anche in un certo senso, se non in
primo luogo, perdonare sé stessi. Dare a sé stessi una possibilità di uscita, di riscatto da una
condizione di sofferenza. Nessuno, infatti, porta rancore nella beatitudine.
Perdonare è un agire.
Nella nostra storia il perdono riguarda quello di una figlia nei confronti del padre e quello di un
padre e di una figlia nei confronti della propria vita.
Psicanaliticamente perdonare significa liberarsi dal senso di colpa.
Nel tempo dell’evaporazione del padre, i figli non hanno più neanche la chance dello scontro
generazionale. Padri di una vecchiaia che apparentemente non invecchia. I figli sono semplicemente coetanei. (Le figlie di Edipo sono anche sue sorelle)
Anche per il padre della nostra storia, come per il vecchio eroe della tragedia sofoclea, si tratta di
sopravvivere ogni giorno con le proprie forze, completamente privo di un ordine di senso universale.
Ma ogni figlio chiede più o meno consciamente al padre questo senso.
Ciò che la figlia non perdona al padre è dunque, non tanto il fatto di non essersi occupato di lei,
quanto di non aver saputo dare un ordine al caos. Se questa, allora, sembra essere la condizione
universale dell’uomo, il perdono reciproco è l’unica salvezza possibile.
Il bosco sacro dell’approdo edipico è nel nostro contemporaneo un luogo qualunque, ma come tutti
i luoghi sacri, è un luogo fuori dal tempo. Dal tempo lineare. (Il padre ha perso la memoria a breve
termine) E come nel “posto delle fragole” di Bergman, lo specchio della memoria diviene
un’esperienza di autenticità e la riconciliazione con il proprio passato e con il proprio presente
avviene per vie impensate e inadatte.
‘Sacro’ è da questo punto di vista lo spazio aperto del perdono, di un’autenticità e di un sentire
irriducibile. Una dimensione che come ricorda Kierkegaard oltrepassa ogni questione etica poiché è
al di là del vero e del falso, così come al di là del bene e del male: è uno spazio d’amore.
Riconoscimenti
Spettacolo vincitore Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2022
Spettacolo vincitore bando Visionari Kilowatt Festival 2019
Debutto Spoleto Festival 2018
Sabato 25 novembre 2023 ore 21
Produzione Florian Metateatro, Rueda/Habitas
con Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich
scena Fiammetta Mandich
suono Dario Costa
luci Marco Guarrera
illustrazioni Margherita Nardinocchi
grafica Clarice, Simone Galli
foto Simone Galli, Elisa Nocentini
assistenza e cura Anna Ida Cortese
con il contributo di Associazione Scenario || Teatro Due Mondi || ACS – Abruzzo Circuito Spettacolo || Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – Capotrave / Kilowatt Sansepolcro) || residenza produttiva Carrozzerie | n.o.t. con il sostegno di Teatro di Roma – Teatro Nazionale
Arturo non è mio padre / Arturo non è neanche mio padre
Arturo non è un padre
Arturo è una stella
Arturo è una delle stelle più luminose del cielo / Arturo è la prima stella che si vede al tramonto
Le stelle nascono, vivono, muoiono /Proprio come i padri
Morendo lasciano dei residui /Proprio come i padri
Il nostro residuo è la memoria
Arturo non è uno spettacolo, bensì un accadimento, un incontro. È nato durante un viaggio in Puglia, d’estate, in un pessimo ristorante. Qui Niccolò ha manifestato a Laura il desiderio di costruire insieme un lavoro che avesse come tema il rapporto con i propri padri, con la perdita dei propri padri e che fossero proprio lui e Laura in scena, pur essendo autori e non attori. Arturo è così diventato la forma della loro memoria, in cui i racconti, i giochi, le date, gli aneddoti, le parole si sono trasformati in pezzi, per la precisione dodici, di un grande puzzle.
Un gioco a cui gli spettatori non solo assistono come testimoni, ma sono anche invitati a partecipare attivamente: alcuni scrivono un proprio pensiero sul padre, mentre altri scrivono i titoli delle scene sui pezzi di puzzle, aggiungendo qualcosa di personale intorno alla figura del padre. Qual è il rapporto con i padri e cosa resta (resterà) alla loro scomparsa? I pezzi capovolti vengono poi disposti nello spazio e svelati casualmente, così che le scene possano agire come i ricordi: arrivano all’improvviso, senza poterli prevedere.
Arturo ha quindi una struttura mutevole, non replicabile e dalle “infinite” combinazioni: l’ordine delle scene nelle varie repliche sarà sempre differente. Arturo vuole trasformare il dolore in atto creativo, con l’intento di rendere una memoria privata collettiva e universale.
Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich sono due registi e drammaturghi. Laura si forma con Francesca Macrì e Luciano Colavero presso l’Accademia d’Arte Drammatica Cassiopea di Roma, diplomandosi nel 2019 al corso triennale di regia e dramaturg, mentre Niccolò si diploma nel 2014 al corso di autore teatrale della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Laura, con la compagnia Rueda Teatro, vince nel 2019 il Roma Fringe Festival con lo spettacolo Pezzi. Niccolò nel 2017 riceve la
Segnalazione del Premio Hystrio – Scritture di Scena con il testo Trittico delle bestie e con la compagnia Habitas è direttore artistico di CastellinAria – Festa Pop, giunto alla quarta edizione
Laura e Niccolò hanno iniziato a lavorare insieme con Arturo, vincitore del Premio Scenario Infanzia ex aequo nel 2020 e finalista al Premio In-Box nel 2021. Grazie a questo primo incontro, cercano di porre le basi per la creazione di una poetica, che intendono portare avanti e continuare a sviluppare: un teatro che vuole essere accadimento e non spettacolo; dove non ci sia finzione e si vada oltre la rappresentazione; dove ci sia una drammaturgia frammentata e non del tutto definita; dove gli spettatori interagiscano e facciano parte di ciò che accade; un teatro di comunità, che non vuole stupire e sorprendere, bensì stare nelle cose, nelle emozioni, in un pensiero che possa poi continuare a generare delle domande nella testa di chi partecipa all’accadimento.
Riconoscimenti
Spettacolo vincitore Premio Scenario Infanzia 2020 ex aequo
Spettacolo finalista Premio In-Box 2021
Spettacolo vincitore Premio della Critica FringeMI 2022
Spettacolo vincitore Direction Under30 2022
venerdì 15 dicembre 2023 ore 21
con Vincenzo Antonucci, Anna De Stefano, Gennaro Maresca
aiuto regia Roberta De Pasquale
costumi Rachele Nuzzo
regia Gennaro Maresca
co-produzione B.E.A.T. teatro e Nuovo Teatro Sanità
Estate torrida in un’imprecisata periferia napoletana. Una terra apatica e schifa, annientata da una volontà di potenza e sviluppo industriale che non conosce legami né bisogni. Qui due fratelli giovanissimi, Donata e Mimmo, vivono un’esistenza piccola e quasi incosciente, ignota agli adulti. Schiacciati dall’indifferenza su un eterno grigiore, i corpi sembrano spenti. Non arde una passione.
Eppure, qualcosa accade. Donata rompe il quadro grigio della propria adolescenza semplicemente guardandosi. L’inadeguatezza delle sue forme piccole, di quel seno mai sbocciato e tanto voluto, pongono al centro della scena qualcosa che prima era assente: il desiderio. Fonte inestimabile di eventi è il desiderio, che esplode con l’arrivo di Elia, un uomo misterioso, per il quale Donata cova una passione crescente. Luminosa.
Così innescata, la meccanica del desiderio non si può più fermare. Le aspettative dei personaggi, adesso visibili, viaggeranno da sole, mescolandosi tra loro e intimandosi le une con le altre di fare ciò che vogliono. Con delicatezza, con prepotenza.
Una favola neorealista. Una storia in cui, per eccesso di realtà, la fiaba esplode inevitabile.
Costruita su una serie di tentativi, La vacca racconta il desiderio e la sua fragile, radicale esistenza fuori dalle logiche del benessere e del potere. Una storia d’amore e di animali i cui corpi, stando al mondo, sono pronti al saccheggio.
La compagnia B.E.A.T. teatro nasce formalmente nel 2015, da un’idea di Gennaro Maresca, allievo
attore in recitazione teatrale e da fermo all’Accademia d’Arte Drammatica “S. D’Amico” e
attualmente docente di recitazione dei laboratori teatrali al Nuovo Teatro Sanità di Napoli, insieme
a Fabio Casano, economista, giovane attore suo allievo e drammaturgo. Sin dalla prima esperienza
di collaborazione dei due fondatori durante la lavorazione a “Il Discorso” al Piccolo Bellini di Napoli, in concorso alla nona edizione de La corte della formica, i due hanno iniziato un percorso di
ricerca, volta alla fusione del linguaggio cinematografico e teatrale, un linguaggio che avvicini la
gente, che faccia risaltare vividamente l’intento di creare il luogo di unione tra gli uomini. Il teatro
realizza il suo magnifico ruolo. Lo studio delle determinanti commerciali di produzione è una
variabile fondamentale della compagnia: vogliamo conoscere il nostro pubblico e per questo
mettiamo a frutto le nostre abilità (comunicazione, marketing, social). Rubiamo dalla letteratura le
storie che ci fanno sognare. Per lo più la prosa: dalle atmosfere “beat” anni ’40 di “Youth/Giovani”
(vincitore come miglior spettacolo nelle rassegne UT.35 festival – I Edizione e Sipari d’Emergenza
– V edizione), al rocambolesco volo in mongolfiera di “Dramma nell’aria da Jules Verne”
(Selezionato per Milano OFF F.I.L. Festival – II Edizione e Avignon Le OFF 2018), passando per
gli aspetti più cupi di alcuni celebri racconti moderni, tra i sotterfugi de “La Volpe e il Gatto”, qui
in un’insolita veste noir, e i segreti delle due anime, ormai adulte e tormentate, che ispirarono le
avventure di due “eterni” bambini in “Peter e Alice attraverso lo specchio” in scena al Nuovo
Teatro Sanità nella stagione 2016/2017. Presente e passato che si incontrano, continuamente,
seguendo il ritmo che governa gli uomini, come in “Patroclo e Achille” (Selezionato per Circle
Festival – con il sostegno di MIBAC e SIAE per l’iniziativa “Sillumina”). Con B.E.A.T. teatro
vogliamo scoprire qual è il lato crudele del nostro teatro o se, piuttosto, si rivela un teatro della
delicatezza, in che misura vuole essere povero, quali sono gli impulsi. Cerchiamo un teatro che
giochi con i ruoli dell’essere umano. Crediamo in tutti i termini e a tutte le forme per dire anima.
Riconoscimenti
Spettacolo vincitore Premio Tuttoteatro.com Dante Cappelletti XIII Edizione 2019 – Premio Giuria Tecnica e Giuria Popolare
Spettacolo vincitore Premio “Per fare il teatro che ho sognato”. Per-formare il Sociale – Il
Dipartimento SARAS, Sapienza Università di Roma per il bando Presente Futuro 2021
Sabato 13 Gennaio 2024
di e con ALtea Bonatesta e Martina Capaccioli
regia Marco De Rossi
costumi Martina Capaccioli
luci e suoni Marco De Rossi
oggetti di scena Piero Capaccioli
foto di scena Piero Tauro
produzione AUGE teatro
Due ragazze vivono un’essenziale quotidianità fatta di parole non dette, omissioni, fastidi e piaceri che delineano un rapporto tra due persone che si conoscono molto bene.
Troppo bene, forse.
Un mistero si sviluppa attorno ad atteggiamenti inconsueti, una ciambella che deve essere mangiata, gesti e voglie strane, confessioni…
Una delle due nasconde qualcosa e quale sia il reale problema si scopre solo alla fine, in un delirio onirico che riassume e riporta alla mente le parole di tutto lo spettacolo, come la soluzione di un rebus.
una delle due non è che il disturbo in sé, il disturbo che fa dubitare, il disturbo che schiaccia, rende variabili di peso e di mente.
Il disturbo che svuota la pancia e il cervello e alla fine non resta che un buco, il buco illuminato, della ciambella…
Testo originale che nasce da una necessità:
la necessità, da parte delle due interpreti e ideatrici, di parlare di un qualcosa a loro molto vicino:
i disturbi alimentari in cui sempre più spesso si rischia di cader vittima ed esserne travolti.
Una delle prime volontà era inoltre quella di voler trattare questo tema senza toccarlo in maniera univoca ed esplicita, motivo per cui solo alla fine, solo dopo un estenuante vortice di parole si arriva a parlarne, inevitabilmente, in maniera diretta.
Riconoscimenti
Premio miglior regia Roma Fringe Festival 2022
Premio Alessandro Fersen per la ricerca e l’innovazione Roma Fringe Festival 2022
Menzione speciale della giuria residenza artistica “il tuo nome è donna” 2022
Finalista premio Mauro Rostagno 2022
Premio miglior spettacolo Festival i mille corpi del teatro off contemporaneo 2023
Sabato 3 febbraio 2024
Compagnia Salz
di e con Alice Maria Bignone
Regia Ermanno Rovella
Lidia nasce donna e muore cinghiale. Lidia è una bambina, una ragazza, una moglie e una madre trascinata e contesa dalle potenze del suo mondo, il paese e il bosco, che lottano per tenerla all’interno dei propri confini. Lidia è una levatrice e una guaritrice e, come sua madre prima di lei, viene accusata di essere una masca, una strega. Ma se da una parte lei lotta per non essere travolta e distrutta dalle accuse della superstizione, dall’altra intorno a lei si muovono forze che di razionale hanno ben poco.
Succedono cose intorno a lei: ci sono animali che sbucano dal nulla mentre lei guarisce i malati e, mentre il bosco sembra stringersi sempre di più intorno la sua casa, una signora dai lunghi capelli neri compare, a ritmi regolari, nella sua vita.
Nata povera da madre levatrice Lidia vive una vita che nel numero di storie raccolte purtroppo non si può definire straordinaria, è anzi estremamente comune, salvo il particolare appena meno comune (ma non così raro) di essere accusata di essere masca, accusa lanciata dal paese, che è di fatto un personaggio a molte teste, prima sottovoce, poi in faccia, persino dal prete, e a queste accuse lei arriva a credere, che ci creda a ragione o meno sta a chi ascolta. Nel momento stesso in cui l’accusa di masca mette radici in Lidia, prende forma come vivo un altro elemento, il bosco, di fatto anch’esso un personaggio, a cui Lidia finirà per cedere. Contro ogni sua previsione il bosco si rivela essere quella condizione liberatoria mai raggiunta altrove, in cui nulla le viene imposto e le viene concesso l’accesso alla parte più fonda di sé stessa, alla parte di bestia, alla parte che grida senza che sia sconveniente, e a quella parte lei si abbandona fin dove può. Lidia ha un figlio. Il figlio non è con lei, è andato via, lei lo ha mandato via spaventata dal bosco e dal paese, e il figlio del paese è diventato. La legge del paese e quella del bosco sono differenti riguardo ai figli: la prima ti chiede di essere madre a vita, di crescere il figlio finché lui non sia in grado di prendere le redini e decidere per sé e, nel caso di un maschio, anche per te; la seconda chiama figlio chi succhia il tuo latte, finché lo succhia, per poi lasciarlo al mondo e andare avanti. Il ritorno del proprio figlio lascia Lidia in mezzo, perché un figlio al paese non le permette di abbandonarsi al bosco ma un figlio che ormai è del paese, che non succhia più il suo latte, non le appartiene più. Lidia sceglie il bosco. Sceglie di liberare sé stessa. Lidia è una storia che parla di libertà.
venerdì 23 febbraio 2024 ore 21
performer e regia Zoé Bernabéu
performer e regia Lorenzo Covello
Una giovane donna cammina, vacilla sui frammenti di una sedia disseminati sulla scena. Inventa i suoi passi lungo il percorso, cerca invano una stabilità che è stata appena sconvolta dall’incontro con l’altro. Una danza esplode in un minimo spazio vitale. Accanto a lei, lui rimane impassibile a ciò che a pochi centimetri già vaticina il cambiamento. Intento nel suo agire, mette insieme pezzi, ricompone in sedia ciò che è stato tragitto. Al compimento della sua opera però coincide la fine della sua stabilità solitaria e l’inizio della ricerca di un nuovo equilibrio a due, precario, vivo e pulsante.
I due personaggi si trovano immersi in un viaggio alla scoperta dell’altro e di sé attraverso una quotidianità densa e straordinaria fatta dai loro corpi, gesti e parole. Parole che diventano carne, danza che stravolge l’ordinario e ridona la magia ai piccoli gesti che ritmano la loro vita. Solo un centimetro, solo un briciolo di forza in più e sarebbe il crollo.
Al centro del palco, un tavolo in equilibrio su un solo asse. Il suo oscillare scandisce le loro incertezze, le loro fragilità e diventa il campo delle loro battaglie alla ricerca di una continua rinascita. Ricerca che conducono con la veemenza del gioco, con la tenacia della preghiera. Nutriti dalla paura e dalla loro ambizione al volo, guidano lo spettatore in un viaggio che unisce la liricità del sogno, la brutalità dell’abitudine e l’inevitabilità della rottura. Invitandoci nella loro intimità, raccontano il saper riconoscersi, aspettarsi, allontanarsi e forse, ritrovarsi.
Il percorso artistico di Lorenzo Covello è iniziato con il circo e si è orientato verso il teatro studiando con Kuniaki Ida, allievo di Jacques Lecoq. Come attore ha lavorato con diversi comici della scena milanese, con Emma Dante e Robert Carsen. Ha proseguito la sua formazione attraverso lo studio della danza contemporanea partecipando a laboratori internazionali. Dal 2019 lavora come danzatore per Daniele Ninarello (Pastorale, Still). Nel 2019 ha partecipato alla creazione di Evgeny Kozlov al Teatro Libero di Palermo. Dal 2016 si dedica anche alla creazione dei propri lavori.
Zoé Bernabéu si è formata in danza contemporanea al Conservatorio Nazionale di Parigi. Come freelancer, ha lavorato con Philip Connaughton, Daniele Ninarello e Ricci/Forte. Nel 2017-18 ha fatto parte della compagnia Corpus, con sede nel Royal Danish Theater e ha collaborato con Martin Forsberg, Ioannis Mandafounis, Bobbi Jene, Sebastian Mattias. Nell’autunno 2019 è stata tra gli 8 performers scelti per partecipare a Fuorimargine, sostegno alla creatività giovanile, dove ha presentato un solo e un trio all’interno della rassegna di Autunno Danza.
Entrambi si ritrovano nell’importanza che danno ad una fisicità sempre al servizio di un‘urgenza, di un senso. Sono alla ricerca di un linguaggio ibrido che possa aprire ad una piena contaminazione tra le discipline mettendo i loro mezzi di espressione individuali a disposizione di un proposito comune: la creazione di un altrove nel quale parola, danza, canto e gesto diano vita ad uno spazio di condivisione e scambio con lo spettatore. Credono nella possibilità̀ di un teatro e di una danza contemporanei che dialoghino con un pubblico eterogeneo e non solo di settore.
La loro prima creazione Un po’ di più ha ricevuto diversi premi.
Riconoscimenti
Un po’ di più è uno dei 15 spettacoli selezionati tra 717 candidature provenienti da 40 paesi per partecipare a ACT festival 2020 a Bilbao.
Premio Miglior spettacolo, Direction Under 30 2019, Teatro Sociale di Gualtieri
Premio della Critica al Roma Fringe Festival 2019
Premio Speciale OFF al Roma Fringe Festival 2019
Sabato 23 marzo 2024
Peso Piuma
Regia Clio Scira Saccà
Testo BR Franchi
Con Maria Bacci Pasello, Eleonora Brioschi, Domenico Fiorillo, BR Franchi
Quattro settimane a Natale. Un centro di smistamento della Papua Inc., negozio online con sedi in metà del mondo. Nelle brevi pause fra gli estenuanti turni di lavoro affiorano le storie dei personaggi: tra loro si chiamano con soprannomi, perché i nomi non li ricordano più. C’è Granata, comunista della vecchia guardia tifosissimo del Torino; c’è Quintacasa, astrologa dilettante che attende di riscuotere un credito dalle stelle; c’è Tamara, giovane artista che colleziona ed espone oggetti con difetti di fabbricazione; e infine Stakanov, l’unico che a Papua non ci è finito ma ci è entrato consapevolmente, forse per paura di quello che c’era fuori. E poi i dipendenti degli uffici, gli stagisti, i camionisti, un medico killer che occulta le morti sul lavoro e un sindacalista passato dalla parte dei padroni.
Le storie dei personaggi si intrecciano con quelle vere legate al mondo di Amazon. Come Jeff Lockhart Jr, morto a 29 anni di arresto cardiaco per la spossatezza durante un turno di lavoro. Telesfora Escamilla, investita e uccisa da un camionista costretto a recapitare più di 100 pacchi in un solo giorno. I dipendenti licenziati dopo la prima diagnosi di cancro, in quanto “improduttivi”.
Verranno così alla luce tutti i crimini della più grande multinazionale della nostra epoca, fino al delitto per eccellenza, l’Amazon Crime: il furto del tempo. Una consegna in 5 minuti viene pagata con l’intera vita di chi muore alla guida di un camion. E mentre i nostri personaggi, come gli elfi della Lapponia, impacchettano e consegnano i doni in tutto il mondo, la rivoluzione serpeggia tra chi non ne può più di abusi e sopraffazioni
Riconoscimenti
Premio Hystrio – menzione Inscena! New York
Vincitore bando IntercettAzione – circuito CLAPS / Zona K
Collettivo lunAzione
sabato 13 aprile 2024 ore 21
progetto e regia Eduardo Di Pietro
con Renato Bisogni, Alessandro Errico, Marco Montecatino
aiuto regia Cecilia Lupoli
costumi Federica Del Gaudio
organizzazione Martina Di Leva
comunicazione Giulia Esposito
Residenza per artisti nei territori – Teatro Due Mondi, Faenza
uno spettacolo di Collettivo lunAzione
Il Colloquio prende ispirazione dal sistema di ammissione ai colloqui periodici con i detenuti presso il carcere di Poggioreale, Napoli. Tre donne, tra tanti altri in coda, attendono stancamente l’inizio degli incontri con i detenuti. Portano oggetti da recapitare all’interno, una di loro è incinta: in maniera differente, desiderano l’accesso al luogo che per ognuna custodisce un legame. In qualche modo la reclusione viene condivisa all’esterno dai condannati e per le tre donne, che se ne fanno carico, coincide con la stessa esistenza: i ruoli maschili si sovrappongono alle vite di ciascuna, ripercuotendosi fisicamente sul corpo, sui comportamenti, sulle attività, sulla psiche. Nella loro realtà, la detenzione è una fatalità vicina – come la morte, – che deturpa l’animo di chi resta. Pare assodato che la pena sia inutile o ingiusta. Il Colloquio è frutto di una serie di interviste a donne che hanno vissuto o vivono questo legame carnale con l’istituto di pena. Nel corso delle ricerche ci siamo innamorati di queste vite dimezzate, ancorate all’abisso, disposte lungo una linea di confine spaziale e sociale, costantemente protese verso l’altrove: un aldilà doloroso e ingombrante da un lato e, per contro, una vita altra, sognata, necessaria, negata. La mancanza, in entrambe le direzioni, ci è sembrata intollerabile.
La compagnia Collettivo lunAzione è nata a Napoli nel 2013 e sviluppa il proprio lavoro in tre direzioni: produzione teatrale originale, progetti per le scuole di ogni ordine e grado e performance site generic. Con i suoi spettacoli, lunAzione rientra nella selezione di vari festival e rassegne (Napoli Teatro Festival Italia, Festival Shakespeare di Buenos Aires 2016, San Diego International Fringe Festival 2017, Cilentart fest, In\Visible Cities e Strabismi 2021). Vincitore del bando Funder35 come giovane impresa culturale, nell’estate 2018 cura gli spettacoli serali presso il Parco Archeologico di Ercolano. Lo spettacolo Il Colloquio vince il Premio Scenario Periferie 2019, il Premio Fersen alla regia ed è finalista In-Box 2021. Con lo studio La misura è finalista per il festival I Teatri del Sacro 2019 e vince il bando (H)eartH – Ecosystem of art and theater. La compagnia sviluppa inoltre vari progetti audio-guidati, tra i quali: Hosting, performance site specific realizzata presso varie comunità, nata da interviste alla popolazione che definiscono una drammaturgia collettiva; Il Talismano della Felicità per i festival Play with food e Torino Fringe Festival 2021, esperienza sensoriale con la preparazione di pietanze in scena.
Riconoscimenti
Premio Scenario Periferie 2019
Premio Fersen alla Regia 2021
Finalista IN-BOX 2021
La motivazione del Premio Scenario Periferie 2019 è la seguente: «Nella liminalità di un’attesa che è condivisione di un tempo sospeso, tre donne si contendono un territorio ristretto, dove i legami spezzati dal carcere si riflettono inesorabilmente in una reclusione altra, introiettata eppure reale. Fra legami negati e solidarietà imposta, Il Colloquio è la fotografia spiazzata e spiazzante di un’antropologia indagata nelle sue ragioni sociali e culturali profonde e apparentemente immodificabili, dove il femminile è restituzione di un maschile assente e quindi fatto proprio, con efficace scelta registica, da tre attori capaci di aggiungere poesia all’inesorabilità di storie già scritte e aprire spiragli onirici imprevisti».
La Chascona è una Associazione Culturale che nasce a Genova nel 2004 in occasione del centenario della nascita di Pablo Neruda, già cittadino onorario della Città di Genova. In collaborazione con il Comune di Genova produce, proprio per celebrare l’evento, lo spettacolo bilingue, italiano e spagnolo, in prosa e musica In viaggio con Neruda, rappresentato in moltissime piazze.
L’Associazione si pone come finalità ed attività istituzionale la pratica, la diffusione e la promozione della cultura teatrale e musicale, attraverso l’organizzazione di corsi di aggiornamento, anche nell’ambito scolastico, per le diverse specializzazioni; l’organizzazione di convegni, manifestazioni, concorsi; la produzione di spettacoli e reading; la realizzazione di iniziative editoriali, di studio e di approfondimento riguardanti la cultura teatrale e musicale; la collaborazione con Enti ed Istituzioni che abbiano fini in armonia con quelli dell’Associazione e che operino nel campo culturale, artistico e turistico, proponendo iniziative per lo sviluppo dell’attività e della cultura teatrale e musicale; la valorizzazione e lo sviluppo dell’aggregazione e dei linguaggi giovanili, anche come forma specifica di lotta al disagio tra le giovani generazioni; la promozione di attività di animazione ed aggregazione rivolta a bambini e ragazzi, volte a favorire un corretto ed armonico sviluppo educativo.